mercoledì 31 dicembre 2014

La conversione che non è mai un ritorno

La conversione cristiana non è mai un ritorno, ma è sempre un procedere in avanti verso la perfezione. 

Non si ritorna indietro quando ci si converte a Dio, anzi. Si cammina guardando dritti davanti a se stessi. E in ogni caso si accoglie Dio che, Lui sì, ci viene incontro nella nostra miseria.

Chi si converte al Vangelo non lo fa una volta per sempre, lo fa ogni giorno, con un cammino costante, caparbio, testardo, con un camminino verso la meta che è Dio. 

Il ritorno è semmai quello che si fa quando, malgrado tutto, ci si rivolge ancora verso il peccato, verso il male che ci si è lasciati alle spalle. 
Sì, accade che si ritorni, ma quando si torna è verso il male. 
Poi accade che, pentiti di questo ritorno, ci si rivolga con lo sguardo nuovamente alla buona strada, e si ricominci allora a camminare in avanti.

mercoledì 17 dicembre 2014

Adeste fideles

Adeste fideles læti triumphantes,
venite, venite in Bethlehem.
Natum videte Regem angelorum.
Venite adoremus (ter)
Dominum.


En grege relicto humiles ad cunas,
vocati pastores adproperant,
et nos ovanti gradu festinemus.
Venite adoremus (ter)
Dominum.

 
Æterni Parentis splendorem æternum,
velatum sub carne videbimus,
Deum infantem pannis involutum.
Venite adoremus (ter)
Dominum.

 
Pro nobis egenum et fœno cubantem
piis foveamus amplexibus;
sic nos amantem quis non redamaret?
Venite adoremus (ter)
Dominum.

Veni, veni Emmanuel

Veni, veni Emmanuel;
Captivum solve Israel,
Qui gemit in exilio,
Privatus Dei Filio.

Gaude! Gaude! Emmanuel,
Nascetur pro te, Israel!

Veni, veni, o Oriens;
Solare nos adveniens,
Noctis depelle nebulas,
Dirasque noctis tenebras.

Gaude! Gaude! Emmanuel,
Nascetur pro te, Israel!

Veni, Clavis Davidica!
Regna reclude caelica;
Fac iter tutum superum,
Et claude vias inferum.

Gaude! Gaude! Emmanuel,
Nascetur pro te, Israel!

Veni, veni Adonai!
Qui populo in Sinai,
Legem dedisti vertice,
In maiestate gloriae.

Gaude! Gaude! Emmanuel,
Nascetur pro te, Israel!

sabato 13 dicembre 2014

le hai rivelate ai piccoli

In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.
Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.
Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.
Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».
Matteo 11,25-30.

Preghiera francescana

Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace.

Dov’è l’odio, fa’ ch’io porti l’amore,
dov’è l’offesa, ch’io porti il perdono,
dov’è la discordia, ch’io porti l’unione,

dov’è il dubbio, ch’io porti la fede,
dov’è l’errore, ch’io porti la verità,
dove sono le tenebre, ch’io porti la luce
dov’è la tristezza, ch’io porti la gioia.

Maestro, fa’ ch’io non cerchi tanto
di essere consolato, quanto di consolare,
di essere compreso, quanto di comprendere,
di essere amato, quanto di amare.
Poiché: è donando che si riceve,
perdonando che si è perdonati,
morendo che si risuscita alla Vita.

San Francesco d'Assisi (attribuita)

Il Perdono

 Il perdono è un ponte verso il Cielo.

 

Giona

A me Giona piace molto come profeta. Non solo è immagine del Cristo, scelto da Gesù stesso come segno di sè, ma è anche, per me, l'immagine del cristiano, scelto da Dio per farne strumento di salvezza, spesso contro e nonostante la sua cattiva volontà. 

E' immagine di quel figlio che si adegua controvoglia al compito che gli è assegnato dal Padre, che resiste al Padre esercitando tutta la libertà di cui è dotato, è quello che recrimina, che brontola, che litiga con Dio, ma è anche quello che alla fine diventa il portatore di salvezza per gli uomini come Dio voleva. 
Un po' come Pietro, quel testone di Pietro, che Dio ha scelto per guidare la sua Chiesa. Non era un personaggio di spicco, non era eccellente nel suo mondo. Eppure...

Anche Dio ama la figura simpaticamente ostinata di Giona, per questo lo sceglie come suo inviato. 
Già, Dio sceglie spesso i peggiori, gli scarti, gli umani da poco. 
Ed io trovo che è davvero bellissima questa cosa.

Il santo

Il santo è un peccatore che ogni giorno si affida all'amore di Dio.

"Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano.
Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore.
Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato»."
Luca 18,9-14.

"Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.
Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere."
dalla Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Encomiéndate a Dios


Amate la giustizia


Amate la giustizia, voi che governate sulla terra, rettamente pensate del Signore, cercatelo con cuore semplice.
Egli infatti si lascia trovare da quanti non lo tentano, si mostra a coloro che non ricusano di credere in lui.
I ragionamenti tortuosi allontanano da Dio; l'onnipotenza, messa alla prova, caccia gli stolti.
La sapienza non entra in un'anima che opera il male né abita in un corpo schiavo del peccato.
Il santo spirito che ammaestra rifugge dalla finzione, se ne sta lontano dai discorsi insensati, è cacciato al sopraggiungere dell'ingiustizia.
La sapienza è uno spirito amico degli uomini; ma non lascerà impunito chi insulta con le labbra, perché Dio è testimone dei suoi sentimenti e osservatore verace del suo cuore e ascolta le parole della sua bocca.
Difatti lo spirito del Signore riempie l'universo e, abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce.

Libro della Sapienza 1,1-7.

Tu mi scruti e mi conosci

Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;
la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la conosci tutta.

Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta, e io non la comprendo.
Dove andare lontano dal tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.

Se prendo le ali dell'aurora
per abitare all'estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.


 Salmi 139 (138),1-3.4-6.7-8.9-10.

Il Creatore

Davvero stolti per natura tutti gli uomini
che vivevano nell'ignoranza di Dio,
e dai beni visibili non riconobbero colui che è,
non riconobbero l'artefice, pur considerandone le opere.
Ma o il fuoco o il vento o l'aria sottile
o la volta stellata o l'acqua impetuosa
o i luminari del cielo
considerarono come dèi, reggitori del mondo.
Se, stupiti per la loro bellezza, li hanno presi per dèi,
pensino quanto è superiore il loro Signore,
perché li ha creati lo stesso autore della bellezza.
Se sono colpiti dalla loro potenza e attività,
pensino da ciò
quanto è più potente colui che li ha formati.
Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature
per analogia si conosce l'autore.
Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero,
perché essi forse s'ingannano
nella loro ricerca di Dio e nel volere trovarlo.
Occupandosi delle sue opere, compiono indagini,
ma si lasciano sedurre dall'apparenza,
perché le cose vedute sono tanto belle.
Neppure costoro però sono scusabili,
perché se tanto poterono sapere da scrutare l'universo,
come mai non ne hanno trovato più presto il padrone?
Infelici sono coloro le cui speranze sono in cose morte
e che chiamarono dèi i lavori di mani d'uomo,
oro e argento lavorati con arte,
e immagini di animali,
oppure una pietra inutile, opera di mano antica.
Se insomma un abile legnaiuolo,
segato un albero maneggevole,
ne raschia con diligenza tutta la scorza
e, lavorando con abilità conveniente,
ne forma un utensile per gli usi della vita;
raccolti poi gli avanzi del suo lavoro,
li consuma per prepararsi il cibo e si sazia.
Quanto avanza ancora, buono proprio a nulla,
legno distorto e pieno di nodi,
lo prende e lo scolpisce per occupare il tempo libero;
senza impegno, per diletto, gli dà una forma,
lo fa simile a un'immagine umana
oppure a quella di un vile animale.
Lo vernicia con minio, ne colora di rosso la superficie
e ricopre con la vernice ogni sua macchia;
quindi, preparatagli una degna dimora,
lo pone sul muro, fissandolo con un chiodo.
Provvede perché non cada,
ben sapendo che non è in grado di aiutarsi da sé;
esso infatti è solo un'immagine e ha bisogno di aiuto.
Eppure quando prega per i suoi beni,
per le sue nozze e per i figli,
non si vergogna di parlare a quell'oggetto inanimato;
per la sua salute invoca un essere debole,
per la sua vita prega un morto:
per un aiuto supplica un essere inetto,
per il suo viaggio chi non può neppure camminare;
per acquisti, lavoro e successo negli affari,
chiede abilità ad uno che è il più inabile di mani.

(Sapienza 13)

magnificat

Magnificat anima mea Dominum:
Et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo.
Quia respexit humilitatem ancillae suae:
Ecce enim ex hoc beatam mei dicent omnes generationes.
Quia fecit mihi magna qui potens est:
Et sanctum nomen eius.
Et misericordia eius a progenie in progenies timentibus eum.
Fecit potentiam in brachio suo:
Dispersit superbos mente cordis sui.
Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles,
esurientes implevit bonis:
et divites dimisit inanes,
Suscepit Israel puerum suum,
recordatus misericordiae suae,
sicut locutus est ad patres nostros,
Abraham et semini eius in saecula.

Benedite...



Benedite, rugiada e brina, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, gelo e freddo, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, ghiacci e nevi, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, notti e giorni, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.

Benedite, luce e tenebre, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, folgori e nubi, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedica la terra il Signore, lo lodi e lo esalti nei secoli.


Libro di Daniele 3,68.-74.


Padre nostro


Angeli di Dio


la vita eterna


Il velo squarciato

Furono i sommi sacerdoti, gli scribi, i dottori della legge e i farisei... che vollero la morte del Signore. Lo dico per te che vuoi chiudere la porta che Dio ha spalancato, per te che vuoi ricucire il velo del Tempio che Dio ha squarciato per sempre.

Con chi stare

Stai con chi soffre, un giorno sarà il tuo avvocato.

Ave Maria


L'Agnello pasquale

Questo è il solo Agnello che un cristiano mangia per festeggiare la Pasqua.

Insegnami

Insegnami Signore a perdonare, a chiedere perdono, a lasciare a Te il giudizio su ogni cosa, a viaggiare leggero, le mie mani nelle tue mani.

Martiri



Quanti martiri di Dio in questo secolo buio come la pece.

La carità

Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione.

Ecco l'agnello di Dio

Come posso non farmi agnello se voglio essere discepolo di Cristo?

Dio Salva


Che cosa vuol dire il nome Gesù? E' un nome scelto a caso fra i diversi nomi ebraici o ha un particolare significato se visto nell'ambito della missione salvifica di Cristo? 
L'osservazione dell'etimo di "Gesù" può far riflettere. 

Gesù è l'adattamento italiano del nome aramaico יֵשׁוּעַ (Yeshu'a), passato in greco biblico come Ἰησοῦς (Iēsoûs) e in latino biblico come Iesus; si tratta di una tarda traduzione aramaica del nome ebraico יְהוֹשֻׁעַ (Yehoshu'a), (in italiano Giosuè), che ha il significato di "YHWH è salvezza", "YHWH salva" ed ha un significato pressoché identico a quello del nome Isaia.
In greco, Yehoshu'a venne reso utilizzando il nome Ιασων (Iason - in italiano Giasone) a sua volta derivante da ιασθαι (iasthai), "guarire", che significa perciò "guaritore", "taumaturgo", o secondo certe fonti dal termine jaomai, col significato di "forte", "potente". Nella Bibbia è citato un sommo sacerdote di nome Giasone, nel qual caso si trattava della forma greca del sopra menzionato nome ebraico Yehoshua. Il nome ebraico e quello greco si fusero successivamente, durante la cristianizzazione della Grecia.
In Gesù si trova dunque il  tetragramma YHWH da interndersi ome il nome di Dio.
L'interpretazione del tetragramma YHWH si basa su un passo del Libro dell'Esodo (3, 14) nel quale esso è solitamente tradotto in italiano con "io sono". La frase completa è così tradotta: "io sono ciò che sono", "io sono colui che è", "io sono colui che sono" o ancora "io sono io-sono". Nella versione in lingua greca della Bibbia detta dei Settanta, dove il tetragramma è reso come Kyrios, il Nome è tradotto "ego eimi ho òn" letteralmente "io sono l'esistente"
La Jewish encyclopedia riporta:


« è possibile determinare con un buon grado di certezza la pronuncia storica del Tetragramma, e il risultato è in accordo con l'affermazione contenuta in Esodo 3:14, nel quale la radice verbale si rivela come "Io sarò", una frase che è immediatamente preceduta dall'affermazione completa "Io sarò ciò che sarò", oppure, come nelle versioni in italiano il nome deriva dalla radice del verbo essere. Questo punto è decisivo per la pronuncia poiché l'etimologia è basata in questo caso sulla parola nota. Gli esegeti più antichi, come Onkelos, i Targumin di Gerusalemme e lo pseudo-Gionata considerano Ehyeh e Ehyeh asher Ehyeh come il nome della Divinità, e accettano l'etimologia di hayah: "essere"»
Il tetragramma potrebbe anche significare "io mostrerò d'essere ciò che mostrerò d'essere" oppure "Io sono l'essenza dell'essere"; il nome per indicare che Dio può manifestarsi nel tempo come tutto ciò che desidera e che attualmente
è fuori del tempo. Con ciò YHWH dice a Mosè di essere colui che è sempre presente a favore del suo popolo. Il nome di Dio assume così un doppio significato:
 - storico-salvifico: io sono colui che è presente per salvare il mio popolo dalla schiavitù d'Egitto;
- metafisico: io sono colui che esiste di per sé; Dio rivela a Mosè di essere l'Essere in quanto essere. Tale significato è stato sviluppato in epoca cristiana, soprattutto nell'ambito della riflessione metafisica e ontologica.

A questo punto è chiaro che il nome Gesù significa sostanzialmente "YHWH salva", e poichè il tetragramma "YHWH" si traduce sinteticamente in italiano con "Io Sono", si può ulteriormente affermare che "Gesù"significa "Io-Sono-salva", in altre paorle "Dio Salva", "Dio è salvatore". Ecco che il Salvatore Divino si dichiara fin dal suo nome.

*  cfr Wikipedia alle voci

venerdì 12 dicembre 2014

Io sono con voi.

Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.
(Mt 28,20)

Gesu è sempre con noi, dice infatti: Io sono sempre con voi fino alla fine del mondo, fino all'alba del mondo nuovo. Giorno per giorno sono con voi.
Questa è la risposta di Gesù a chi, in ogni tempo e in ogni luogo sospira o protesta "se Gesù fosse qui...."

"Io Sono" indica l'assolutezza dell'esistenza di Dio, che è prima di ogni cosa, eternamente è.

Così si era presentato Dio a Mosè parlandogli dal roveto ardente.
Mosè disse a Dio: «Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?». Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». Poi disse: «Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi». Dio aggiunse a Mosè: «Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione.(Esodo 3,13-15)
E' bene peraltro ricordare che il nome Gesù significa sostanzialmente "YHWH salva", e che il tetragramma "YHWH" si traduce sinteticamente in italiano con "Io Sono".
Gesu semplicemente utilizza l'indicativo presente Io Sono, già contenuto nel suo stesso nome, che è quel medesimo Io Sono usato da Dio nel roveto ardente di Mosè per indicare il suo nome e al tempo stesso la sua nature di Essere prima di ogni essere, e lo usa per dire che Egli è e che è perennemente con noi. Lui, non a caso, dice anche...
«Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».
(Mt 18,20)
 Gesù è "la-Parola-di-Dio-diventata-carne", in noi cristiani "la-Parola-diventata-carne" "rimane", "abita", e continua la sua perenne incarnazione. Infatti il Cristo non sì è incarnato solo nel passato, e non è stato, il Cristo si è incarnato in un tempo preciso, ma ancora si incarna e si incarnerà domani fino alla fine del mondo. Il Cristo è stato, ma ancora è e per sempre sarà il Dio-con-noi. 
Proprio perchè il Cristo è Dio-che-si-incarna-nell'Uomo, Dio-che-abita-in-noi, Gesù si è fatto "Pane quotidiano", cibo di tutti i giorni, così da poter essere anche fisicamente integrato e assimilato perfino nei corpi dei "suoi".
Ecco: la parola si è fatta carne e pane in un paese chiamato la Casa del Pane e la Casa della Carne, in Betlemme che è la casa del Dio incarnato.

*Da una riflessione con Mara Canobbi

Nasce Gesù

Dal vangelo di Luca e dal vangelo di Matteo (versione Interconfessionale)


Quando Elisabetta fu al sesto mese, Dio mandò l'angelo Gabriele a Nàzaret, un villaggio della Galilea. L'angelo andò da una fanciulla che era fidanzata con un certo Giuseppe, discendente del re Davide. La fanciulla si chiamava Maria.
L'angelo entrò in casa e le disse: «Ti saluto, Maria! Il Signore è con te: egli ti ha colmata di grazia».
Maria fu molto impressionata da queste parole e si domandava che significato poteva avere quel saluto.
Ma l'angelo le disse: «Non temere, Maria! Tu hai trovato grazia presso Dio.
Avrai un figlio, lo darai alla luce e gli metterai nome Gesù. Egli sarà grande e Dio, l'onnipotente, lo chiamerà suo Figlio. Il Signore lo farà re, lo porrà sul trono di Davide, suo padre, ed egli regnerà per sempre sul popolo d'Israele. Il suo regno non finirà mai».
Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile questo, dal momento che io sono vergine?».
L'angelo rispose: «Lo Spirito Santo verrà su di te, e l'onnipotente Dio, come una nube, ti avvolgerà. Per questo il tuo bambino sarà santo, Figlio di Dio.
Vedi: anche Elisabetta, tua parente, alla sua età aspetta un figlio. Tutti pensavano che non potesse avere bambini, eppure è già al sesto mese. Nulla è impossibile a Dio!».
Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore. Dio faccia con me come tu hai detto». Poi l'angelo la lasciò. (Lc. 1,26-38)
Ecco come è nato Gesù Cristo. Maria, sua madre, era fidanzata con Giuseppe; essi non vivevano ancora assieme, ma lo Spirito Santo agì in Maria ed ella si trovò incinta.
Ormai Giuseppe stava per sposarla. Egli voleva fare ciò che era giusto, ma non voleva denunciarla di fronte a tutti. Allora decise di rompere il fidanzamento, senza dir niente a nessuno.
Ci stava ancora pensando, quando una notte in sogno gli apparve un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, discendente di Davide, non devi aver paura di sposare Maria, la tua fidanzata: il bambino che lei aspetta è opera dello Spirito Santo.
Maria partorirà un figlio e tu gli metterai nome Gesù, perché egli salverà il suo popolo da tutti i peccati».
E così si avverò quello che il Signore aveva detto per mezzo del profeta Isaia:
Ecco, la vergine sarà incinta partorirà un figlio ed egli sarà chiamato Emmanuele. Questo nome significa: «Dio è con noi».
Quando Giuseppe si svegliò, fece come l'angelo di Dio gli aveva ordinato e prese Maria in casa sua. (Mt 1,18-24)
In quel tempo l'imperatore Augusto con un decreto ordinò il censimento di tutti gli abitanti dell'impero romano.
Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria.
Tutti andavano a far scrivere il loro nome nei registri, e ciascuno nel proprio luogo d'origine.
Anche Giuseppe andò: partì da Nàzaret, in Galilea, e salì a Betlemme, la città del re Davide, in Giudea. Essendo un lontano discendente del re Davide, egli con Maria, sua sposa, che era incinta, doveva farsi scrivere là.
Mentre si trovavano a Betlemme, giunse per Maria il tempo di partorire; (Lc. 2,1-6)


E senza che avessero avuto fin'allora rapporti matrimoniali, Maria partorì il bambino e Giuseppe gli mise nome Gesù. (Mt 1,25)
ed essa diede alla luce un figlio, il suo primogenito. Lo avvolse in fasce e lo mise a dormire nella mangiatoia di una stalla, perché non avevano trovato altro posto. (Lc. 2,7)
Gesù nacque a Betlemme, una città nella regione della Giudea, al tempo del re Erode. (Mt 2,1)
In quella stessa regione c'erano anche dei pastori. Essi passavano la notte all'aperto per fare la guardia al loro gregge.
Un angelo del Signore si presentò a loro, e la gloria del Signore li avvolse di luce, così che essi ebbero una grande paura.
L'angelo disse: 

«Non temete! Io vi porto una bella notizia, che procurerà una grande gioia a tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato il vostro Salvatore, il Cristo, il Signore. Lo riconoscerete così: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia».
Subito apparvero e si unirono a lui molti altri angeli. Essi lodavano Dio con questo canto:
«Gloria a Dio in cielo e pace in terra agli uomini che egli ama». 

Poi gli angeli si allontanarono dai pastori e se ne tornarono in cielo.
Intanto i pastori dicevano gli uni agli altri: «Andiamo fino a Betlemme per vedere quello che è accaduto e che il Signore ci ha fatto sapere».
Giunsero in fretta a Betlemme e là trovarono Maria, Giuseppe e il bambino che dormiva nella mangiatoia.
Dopo averlo visto, dissero in giro ciò che avevano sentito di questo bambino.
Tutti quelli che ascoltarono i pastori si meravigliarono delle cose che essi raccontavano.
Maria, da parte sua, custodiva gelosamente il ricordo di tutti questi fatti, e li meditava dentro di sé.
I pastori, sulla via del ritorno, lodavano Dio e lo ringraziavano per quello che avevano sentito e visto, perché tutto era avvenuto come l'angelo aveva loro detto.
(Lc. 2,8-20)

Dopo la sua nascita, arrivarono a Gerusalemme alcuni uomini sapienti che venivano dall'oriente e domandarono: 
«Dove si trova quel bambino, nato da poco, il re dei giudei? In oriente abbiamo visto apparire la sua stella e siamo venuti qui per onorarlo».
Queste parole misero in agitazione tutti gli abitanti di Gerusalemme, e specialmente il re Erode. Il quale appena lo seppe, radunò tutti i capi dei sacerdoti e i maestri della legge e domandò: «In quale luogo deve nascere il Messia?».
Essi risposero: «A Betlemme, nella regione della Giudea, perché nella Bibbia è scritto: Tu Betlemme, del paese di Giudea, non sei certo la meno importante tra le città della Giudea, perché da te uscirà un capo che guiderà il mio popolo, Israele». 

Allora il re Erode chiamò in segreto quei sapienti venuti da lontano e si fece dire, con esattezza, quando era apparsa la stella.
Poi li mandò a Betlemme dicendo: «Andate e cercate con ogni cura il bambino. Quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, così anch'io andrò a onorarlo».
Ricevute queste istruzioni da parte del re, essi partirono. In viaggio, apparve ancora a quei sapienti la stella che avevano visto in oriente, ed essi furono pieni di grandissima gioia. La stella si muoveva davanti a loro fino a quando non arrivò sopra la casa dove si trovava il bambino: là si fermò.
Essi entrarono in quella casa e videro il bambino e sua madre, Maria. Si inginocchiarono e adorarono il bambino. Poi aprirono i bagagli e gli offrirono regali: oro, incenso e mirra.
(Mt 2,1-11)

Quando furon passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre. 
 (Lc. 2,21)

"Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo"

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.

C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini che egli ama».

Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere».
Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.

I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.

Quando furon passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre. 

(Luca 2, 1-21)
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Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio
che sarà chiamato Emmanuele,
che significa Dio con noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.

(Matteo 2,18-2)

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Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:

E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele.

Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».

Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo».

Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio.

Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi. Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande;
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata, perché non sono più.

(Matteo 2,1-18)

giovedì 11 dicembre 2014

Il Battista

In quel tempo Gesù disse alla folla: «In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.
Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono.
La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni.
E se lo volete accettare, egli è quell'Elia che deve venire.
Chi ha orecchi intenda».
Matteo 11,11-15.

mercoledì 10 dicembre 2014

Noi cristiani e l'antico testamento

Noi cristiani abbiamo coscienza che Dio costruisce una storia e che si presenta a noi nel divenire della storia.
Nulla è fermo e congelato nel rapporto fra uomo e Dio, perchè è un rapporto che si snoda lungo il tempo e lungo la storia, e la storia è  per sua stessa natura
un "divenire".


Leggiamo l'Antico Testamento in vari modi, tenendo conto di volta in volta del singolo genere letterario cui ogni libro appartiene, e soprattutto delle condizioni storiche e culturali in cui esso è stato scritto. Ma tutti i Libri li leggiamo considerandoli soprattutto la grande profezia della Salvezza. 

In ogni personaggio biblico noi vediamo sia Dio sia l'uomo nel loro continuo dialogare, nella loro difficile e mutevole dialettica.
Giuseppe, per esempio, è il Cristo che, gettato in fondo a un pozzo (pozzo = sepolcro) e venduto come schiavo (schiavitù = condizione umana mortale) ne esce per diventare il vicerè del grande regno d'Egitto, e per essere, infine, il salvatore della sua gente, dei fratelli che lo hanno tradito (israele - l'umanità).

Così è Giona che rimane per tre giorni e tre notti nel ventre del pesce (pesce = sepolcro) e ne riemerge (risurrezione) per salvare con la sua parola la grande città di Ninive.

Così è Mosè, che conduce il suo popolo attraverso il deserto (deserto = vita terrena e mortale - quaresima) fino alla terra promessa (terra promessa = paradiso e vita eterna ) attraverso il Mar Rosso (mare = morte; rosso = sangue). 

Così è pure Daniele, gettato nella fossa dei leoni (fossa = vita terrena, sepolcro, mortalità; leoni = uomini ostili a Dio). Anche Daniele supera la prova simbolica della morte. 

E  Davide che, piccolo, insospettabile e disarmato, sconfigge il gigantesco campione del male, anch'egli è, per quel primo tratto narrativo la preconizzazione di Gesù salvatore, che sconfigge con una pietra (la sua parola, la croce) il gigante (il "signore di questo mondo").

Noi cristiani non consideriamo la bibbia come un mero codice normativo dal quale estrarre i riferimenti morali o le leggi da attuare. Noi la consideriamo piuttosto la grande narrazione divina che rivela a poco a poco agli uomini il vero volto di Dio, in modo sempre più chiaro e distinto, fino alla piena visione salvifica di Gesù, il Figlio stesso del Padre.
Ciò in attesa di contemplare, alla fine dei tempi, "il volto di Dio così com'è".

sapienza ed ignoranza

L'ignoranza delle cose del mondo si incontra spesso con la sapienza delle cose di Dio.

Il mistero della Croce

Il dolore, la croce, la morte non mostrano l'assenza di Dio, ma il Mistero di Dio che per amore sa soffrire.

leggere i vangeli

I vangeli vanno letti nella loro unità e complessità, non per segmenti separati.
Il messaggio complessivo si ricava solo da una lettura olistica, da una visione d'insieme.
 

Prendiamo il caso della cananea: Gesù il Messia è venuto solo per "le pecore perdute della casa di Israele" o è venuto per tutti?

"Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola." [Matteo 15,21-23]

Osserviamo in questo passo un Gesù in atteggiamento di apparente indifferenza, ed un silenzio che ci sorprende per la sua durezza. Perchè Gesù non risponde all'invocazione di una madre afflitta? Perchè questo silenzio così duro? Anche i discepoli sembrano sconcertati quando pregano Gesù di intervenire.


"Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro». Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele». [Matteo 15,23-24]

Con questa risposta ferma e tagliente Gesù dà una conferma del suo mandato: Il Messia è venuto per Israele, perchè Dio è rimasto fedele al suo popolo. E' ai figli perduti della casa di Israele che il Messia è stato promesso, ed è a Israele che è stato inviato. Dio non ha dimenticato gli ebrei, la sua gente, il popolo che Egli si è scelto per primo.  Ma la chiarezza di Gesù rasenta ora la brutalità:


"Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini»." [Matteo 15,25-26]

Con una immagine così umiliante Gesù sembra aver chiuso ogni speranza alla povera donna. Certo la fedeltà di Dio per la casa di Israele è chiara e senza dubbi. Ma adesso la scena si caratterizza per un orizzonte cupo e pessimistico. Si è desolati nel guardare Dio essere così evidentemente duro, distaccato, distante, così indifferente al dolore di una povera donna e della sua figliola.
Forse ci siamo sbagliati, forse il Salvatore non è venuto per chi non è ebreo. Forse Dio non ama l'Umanità, ma solo una piccola parte di essa.
Ma no, ecco che subito le nuvole si diradano, si apre un orizzonte nuovo e straordinario. Davvero inatteso. Il Salvatore è per chiunque creda in Lui:
Dio, infatti, apre le braccia e accoglie, senza per questo tradire la sua fedeltà alla casa di Israele, i suoi "altri" figli. Tutta l'umanità perduta.
La salvezza dal demonio non è solo per i figli di Abramo, è per chiunque si affidi a Dio, contro ogni speranza. Lo si vede bene nel passo che segue.


«È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita. [Matteo 15,27-28]

La donna usando umiltà e pazienza, fa un atto di fede: "Gesù tu puoi aiutarmi e a te, per amore di mia figlia, io mi rivolgo umiliandomi per chiedere aiuto!"
Gesù spalanca allora il segreto del suo primo imbarazzante silenzio: "davvero grande è la tua fede!" Le dice. "Ora è certo che tu hai fede in me, che tu mi cerchi. E io ti libero dal tuo tormento."
Così è per chiunque si rivolga a Gesù: il diavolo sarà sconfitto ed egli sarà liberato per la sua fede. Gesù è per tutti. Dio apre le porte a tutti.

Così va letto ed inteso il vangelo, cercando nell'insieme il senso di ogni particolare.

la parola "compassione"

Compassione: com-pas-sió-ne: dal latino: cum (insieme) e patior (soffro).
Nei secoli, la parola compassione prende forma sul concetto di pietà - una pietà che è quasi disprezzo. Eppure la sua radice, il significato originale dei suoi componenti è tanto più nobile, di respiro tanto più ampio. La compassione è la partecipazione alla sofferenza dell'altro. Non un sentimento di pena che va dall'alto in basso. Si parla di una comunione intima e difficilissima con un dolore che non nasce come proprio, ma che se percorsa porta ad un'unità ben più profonda e pura di ogni altro sentimento che leghi gli umani. E' la manifestazione di un tipo di amore incondizionato che strutturalmente non può chiedere niente in cambio.
Ed è la testa di ponte per una comunione autentica non solo di sofferenza, ma anche -e soprattutto- di gioia vitale, e di entusiasmo.


Tratto da Unaparolalagiorno.it
http://unaparolaalgiorno.it/significato/C/compassione

"et verbum caro factum est": mythos e logos in Cristo

Il μύθος (mythos) è una narrazione allegorica sacrale, è un racconto ordinatore e rappresentatore della realtà, che procede per immagini e per vicende, e che ha la tipica forma di una storia, anche elementare, sempre densa di senso e di funzione simbolica.

Il λόγος (logos), invece, è un procedere razionale, "logico", è il dicorso ordinato, in altre parole è ciò che noi sempificando chiamiamo "ragionamento".


Con il latino verbum è designata infine la "parola", in senso ampio, tanto ampio che si potrebbe applicare per un insieme intimo e unitario di μύθος e di λόγος.
 

Gesù è il Logos incarnato?
L'evangelista Giovanni scrive: 

ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος, καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν, καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος
[En archè en o lògos kài o lògos en pros ton theòn, kài theòs en o lògos]
[In principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum]
[In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio]
[In principio era la Parola e la Parola era presso il Dio e la Parola era Dio]

Il greco λόγος è tradotto in latino col lemma Verbum che, a mio avviso, evitando una contrapposizione con il μύθος , consente di attribuire alla Parola di Dio un senso pieno e totale. Cosicché in Gesù non si trova incarnato il solo "ragionamento" divino, la "divina razionalità", ma anche il mito o, se preferiamo, il Sogno di Dio. E in ciò si ha una completezza di senso e di significato che non pone limite alcuno alla Parola di Dio, che non ne esclude alcun aspetto o risvolto possibile.
Gesù è dunque la Parola di Dio in senso pieno. In Lui si incarna ogni razionalità ed ogni mito che sono propri di Dio.

Betlemme: la Casa del Pane disceso dal cielo

Betlemme (in arabo: بَيْتِ لَحْمٍ, Bayti Laḥmin, Bayt Laḥm, lett. "Casa della Carne"; in ebraico בֵּיִת לֶחֶם, [Beit Lehem], lett. "Casa del Pane", in greco Βηθλεέμ [Bethleém]; in latino Bethlehem.



E' a Betlemme, nella "Casa del Pane", che è nato ed è stato deposto in una mangiatoria il Pane Vivo disceso da Cielo, il cibo che dà salvezza e vita eterna agli uomini.
Ed è a Betlemme, nella "Casa della Carne", che Dio si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi diventando per noi cibo di salvezza.

 

Giovanni 6,35-59

Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.  Vi ho detto però che voi mi avete visto e non credete. Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno». Intanto i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?».
Gesù rispose: «Non mormorate tra di voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao.
(Giovanni 6,35-5)


E' stato deposto in una mangiatoia il Pane vivo disceso dal Cielo, e una mangiatoia là dove di si depone il cibo per gli animali. 
Vengono i pastori ad adorare quel Pane fatto bambino, e gli animali che i pastori conducono sono le pecore, pecore che ci ricordano quelle pecore perdute della casa di Israele di cui parla Gesù ai suoi apostoli.   


"Gesù ordinò ai Dodici: non andate tra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani. Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d'Israele."
(Matteo 10,5-6)
 «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele»
(Matteo 15, 24)

La tradizione popolare e apocrifa ricorda poi due animali simbolici che riscaldano il bimbo col loro fiato: l'asino e il bue. Due animali umili che con la loro umiltà ben si accompagnano a quell'asina sulla quale Gesù entrerà in Gerusalemme prima della sua passione.

"Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: “Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma”»." (Mt 21,1-11)

E' davvero straordinario il fatto che Colui il quale, una volta  cresciuto e divenuto Maestro, dirà di se stesso «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. » e «io darò è la mia carne per la vita del mondo» sia nato proprio in un luogo chiamato Casa del Pane e Casa della Carne e che, proprio Lui che si è detto "cibo" destinato alle "pecore" della vecchia e della nuova Israele, sia stato deposto in una mangiatoia.